Le esecuzioni immobiliari sono da tempo al centro dell’interesse del legislatore; dapprima la legge 80/2005 con il contraddittorio semplificato e la novella dell’ articolo 173–bis delle disposizioni attuative del Codice di procedura civile, più recentemente, nel 2015, con il decreto legge 83 e la legge 132, con importanti novità ed infine, le «Buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari – linee guida» approvate dal plenum del Csm hanno sottolineato l’importanza di queste procedure per le ricadute sul tessuto economico e sociale del Paese e la rilevanza che in esse assume l’opera dei periti.
Questi interventi hanno arricchito di contenuti l’incarico all’ausiliario facendolo divenire un “unicum” in termini di obbligazioni. Tanto che viene da chiedersi: che cosa è divenuta oggi la perizia dell’esperto?
La funzione giurisdizionale, attraverso i passaggi di norma e nelle integrazioni operative introdotte dagli uffici giudiziari, ha finito per identificarsi in un complesso compendio di accertamenti su vari profili: giuridico, normativo e tecnico dell’immobile. Si sono così ampliate le responsabilità a carico dell’esperto, con accertamenti, verifiche, attestazioni che pare oramai anacronistico definire «perizia di stima». Anzi questa, pur oggetto di sviluppo con l’adozione in alcuni uffici degli standard internazionali di estimo, rispetto alla portata ed agli effetti delle condizioni in commento, pare finanche collocarsi in secondo piano; d’altra parte una stima corretta ha scarsi effetti se operata in un quadro d’incertezza sui profili della cosiddetta “due diligence” immobiliare.
Sono cresciuti in quesiti, le richieste a cui l’esperto deve far fronte, le innumerevoli incombenze, anche di ordine pratico, nonché la necessità di dover rispondere ad un quadro articolato di quesiti tecnico – specialistici sul piano normativo, giuridico, edilizio.
Se da una parte l’esperto diventa centrale per le finalità degli obiettivi delle varie riforme legate alla “efficienza” ed alla “rapidità” della procedura, dall’altra lo stesso legislatore non si è mai curato della particolare delicatezza ed importanza delle funzioni di quell’esperto; anzi con l’ultima riforma se ne addirittura dimidiato il compenso.
Ma di cosa stiamo parlando?
Un insieme di carenze funzionali del quadro normativo, una sottovalutazione generale della portata, della complessità e della delicatezza di tali funzioni, malgrado loro, accettate da tutti i consulenti che si trovano costretti a dover lavorare in queste condizioni.
Ora in base all’attuale quadro di oneri, dovremmo riformulare la definizione dell’ausiliario rispetto a quella contenuta negli articoli 568 del Codice di procedura civile e 161 delle disposizioni attuative a questo Codice: da «esperto stimatore» a «esperto valutatore e certificatore della commerciabilità immobiliare».
D’altro canto le richieste degli uffici esecuzioni immobiliari contengono profili di multidisciplinarità tali da non poter essere esaurite dalle competenze di un singolo professionista; impongono spesso l’assunzione di determinazioni che la legge attribuisce a carico di enti e alle quali lo stesso ausiliario – spesso in una cornice di scarsa collaborazione da parte delle pubbliche amministrazioni – si trova costretto a fornire risposta. Sono richieste che impongono determinazioni in un quadro di incertezza fisiologica rispetto a condizioni di fatto non ancora avveratesi, richiedono valutazioni normativo-giuridiche che, talvolta, sfuggono alle conoscenze del professionista di espressione tecnica ed ancora obbligano a districarsi attraverso norme per le quali si ottengono diverse interpretazioni applicative non sempre univoche.
Come poter migliorare tale stato di cose?
Beh qualche possibilità ci sarebbe: in sintesi proverò a fornirne alcune:
Informative sull’esecutato: l’aspetto di essenziale importanza ed ahimè posto tragicamente alla ribalta da recenti fatti di cronaca, è la sicurezza personale degli ausiliari, obiettivo tutt’altro che impraticabile da conseguire. Per ogni ausiliario dovrebbe essere previsto da parte del giudice nelle procedure esecutive (con autorizzazione concessa a processo verbale di affidamento dell’incarico) la possibilità di acquisire informazioni di Pubblica Sicurezza sui soggetti esecutati; questo per dar modo agli ausiliari di sapere chi si troveranno di fronte quando varcheranno la soglia dell’immobile cosi da poter eventualmente assumere le contromisure necessarie a loro tutela. Parlo della possibilità, concessa dal giudice delegato in base ai suoi poteri officiosi, di rivolgersi agli organi di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Municipale ect.) per conoscere lo stato e le condizioni di quel soggetto, l’eventuale presenza di precedenti violenti, il possesso di armi da fuoco o di altro tipo, la presenza di eventuali provvedimenti di matrice penale e/o amministrativa posti a suo carico e, in quei casi, avere l’autorizzazione a farsi assistere alle operazioni dalla forza pubblica. Questo potrebbe essere concesso dai giudici delegati e, se del caso, ove non già disposto, anche attraverso la nomina anticipata del custode. Laddove questo vi fosse stato non si può certo dire che alcuni poveri colleghi (l’ultimo dei quali il geom. Massano di Asti) avrebbero avuta salva la vita ma certamente la mano armata dell’omicida davanti alla forza pubblica avrebbe forse avuto una diversa reazione rispetto a quella che ha assunto trovandosi davanti ad un “inerme e solitario servitore civile della Stato”. E questo, con ogni evidenza, non può non dirsi intimamente connesso alla responsabilità che uno Stato ha di tutelare in tutte le forme, senza lesinare mezzi e risorse, con ogni strumento utile e idoneo l’incolumità dei propri servitori civili.
Incarichi collegiali. La varietà e la molteplicità di richieste alla base dei quesiti, di matrice interprofessionale ed interdisciplinare, determinano una singolare condizione di indeterminatezza dove l’esperto, non di rado, è costretto a fornire risposte certe su fatti incerti. Tutto ciò causa problemi sull’effettiva possibilità di svolgere con compiutezza e correttezza le operazioni e di pervenire a risultati certi, condizioni tali da suggerire la necessità di un miglioramento del contesto operativo peritale con l’adozione di modelli correttivi. A titolo di esempio si potrebbe prevedere la possibilità di ricorrere ad incarichi collegiali ovvero di avvalersi di esperti ausiliari nelle diverse discipline, oppure di poter ricorrere alla consulenza legale e notarile su taluni aspetti particolari della natura giuridica e contrattuale dei beni.
Collaborazione degli enti pubblici. Dovrebbe essere possibile sottoscrivere protocolli d’intesa tra il tribunale ed i diversi enti (primi su tutti i Comuni) che formalizzino l’impegno degli uffici di queste amministrazioni – per tali procedure e su questioni legate alla legittimità del bene ed ai percorsi amministrativi per conseguirla – a fornire entro un termine stabilito risposte chiare ed univoche all’interpello svolto dall’ausiliario.
I compensi. Occorrerebbe stabilire a favore dell’esperto un compenso commisurato alla complessità ed alla delicatezza delle funzioni con un acconto congruo, innanzitutto rivedendo la norma (articolo 161, comma 3 delle disposizioni attuative) originata dalla legge 132/2015, stabilendo anche forme di garanzia per il pagamento a cura del procedente. L’efficacia dell’opera peritale in questa procedura richiede investimenti adeguati e proporzionati alla rilevanza che gli si riconosce.
Da tempo affermo che occorre una qualificazione delle funzioni dell’esperto e del CTU ma questa non è la strada. Chi conosce la materia sa bene che occorre grande qualità professionale per svolgere queste attività; perché la vera, autentica competenza per svolgere pienamente e correttamente le funzioni di esperto estimatore nell’odierno processo di esecuzione immobiliare non si raggiunge con le sole certificazioni ma con anni da pratica ed esperienza professionale nei diversi settori, la vera ricchezza di cui sono portatori i professionisti di questa specie.
Il rischio molto concreto è quindi che le migliori professionalità, l’unica garanzia per queste procedure, decidano che “il gioco non vale più la candela” e abbandonino queste funzioni. E questo rappresenterebbe non solo il danno per la pubblica giurisdizione ma una vera beffa per tutti coloro che predicano bene ma razzolano male.